"NIA MARO" è il titolo del nuovo cd uscito per il Manifesto. A soli 8 euro per viziarvi come al solito...

Continua il nostro viaggio in “seconda classe” . Anzi, questa volta sarebbe più giusto dire un passaggio ponte su di uno sfigatissimo battello che naviga dalla Francia irrispettosa e anarchica di G. Brassens alla sensualissima musica di inizio secolo dell’ egiziano Selim Al-Masry. Come sempre il porto di partenza è casa nostra, con incursioni nel repertorio, della musica del “nord del sud”. Ma la bussola nostra è irrimediabilmente fuori uso e si naufraga continuamente ora in un posto ora in un altro, e come diceva una bella canzone di Conte naufragare ci fa conoscere altre musiche e altre insospettabili emozioni. Con me navigano oltre alla collaudata ciurma (Auli Kokko, Massimo Ferrante e gli Art Ensemble of Soccavo) la voce possente del tunisino Marzuk Mejiri, alcuni naufraghi dei Terragnora di Matera e una squadraccia di jazzisti napoletani tra i quali Antonio Onorato, Salvatore Tranchini, Aldo Vigorito , Marco Zurzolo e Gino Evangelista. Un disco per attraversare questo freddo inverno. E questi tempi bui.

 

'E Recenzioni

Nia Maro in classifica...azz!!!

grazie, grazie a tutti quanti

Questa invece è la classifica generale di Musica&Dischi...

...la cosa spassosa è che mentre, che so, Carmen Consoli, Meg e Tiro Mancino sono considerati "indipendenti" (sono prodotti invece da BMG, Sony e Universal) io sono nella classifica dei "Big" (prodotto dal "Manifesto"...). Che vol dì? Che nella classifica delle Indies ci entri con mille copie, in quest' altra so' cazzi ad entrarci! Non so ragionamenti inutili. Dovete pensare che produrre Nia Maro m' è costato quanto costa la sola voce "caffè e arancini" nella produzione dei miei colleghi...è come se loro c' avessero il fuoristrada che fa 1 km con 5 litri...e io la renault4 rossa ma vado più forte...eh eh. Grazie, grazie a tutti quanti!

Sepe e la riscoperta dell' internazionalismo

Puoi chiamarlo internazionalismo, come facevano gli Style Council prima che il rock lo mettesse al bando. Puoi sognare che sia lo spiritus mundi, tornato a farsi vivo tra le righe di uno spartito. Ma alla fine è musica meticcia che mischia le saltarelle della Ciociaria con i suoni del Mediterraneo, le tammurriate con le ballate di Brassens, i canti popolari di Otello Profazio con le note cupe di un Fender Rodhes che rincorre la voce di Orson Welles e della sua Guerra dei mondi. Il sassofonista Daniele Sepe ha dosato con cura e intelligenza gli ingredienti del suo ultimo cd, Nia Maro, offrendo una pietanza che ha il sapore delle migliori incisioni della Liberation Music Orchestra, il gusto di una tradizione reinventata che rimanda ad Albert Ayler, l' aroma solido della filologia speziato dall' anarchia stilistica di Frank Zappa. Ascoltandolo vien voglia di zompettare come faceva la Lollo in Pane, amore e gelosia o di precipitare in un notturno americano che ha l' acidità degli incubi.

Enzo d' Errico Corriere della Sera

Veraspina dorsale ritmica di Napoli, la tammurriata è sempre pronta - accade spesso al sud - a piegarsi al padrone di turno, cioè l' interprete. Sono 15 anni che Sepe scava tra jazz, pop e folk (Est, Islam, Nord europa). Ultima tappa , questa tammurriata sposata al Miles di Bitches Brew: un incanto...

Angelo Aquaro - Venerdì di Repubblica

...Se di viaggio in musica si tratta, qui i viaggiatori sono confusi e felici di aver
perso la rotta, di avere la bussola fuori uso, ma i sensi più che mai in
funzione. E naufragar è dolce per l'ascoltatore in compagnia della ciurma
dell'accolita sepiana: gli aficionados sono rappresentati dall'ugola
cosmopolita di Auli Kokko, Massimo Ferrante, gli Art Ensemble of Soccavo; le
new entry dal tunisino Marzuk Mejiri, i Terragnora di Matera e un pugno di
viaggiatori newpoletani sospesi tra jazz e suoni veraci (Antonio Onorato,
Salvatore Tranchini, Aldo Vigorito , Marco Zurzolo e Gino Evangelista). La
dedica al «compagno Mario Scarpetta», la voce di Orson Welles che annuncia
alla radio la notizia della (falsa) invasione marziana degli Stati Uniti, le
belle foto del libretto che mostrano la resistenza di antichi riti popolari
alla globalizzazione incalzante: «Nia maro» è anche questo, un segnale di
disperata difesa di spazi sottratti alla normalizzazione, sonica e non, al
leccisismo culturale, alla banalità quotidiana della musica-fast food. Brano
dopo brano, le scansioni solari del reggae giamaicano si alternano a quelle
più cupe della Sicilia di Rosa Balistreri o a strane fughe in Epiro. «Mar
nostro vuol dire che il mare non è solo di D'Alema con la sua barca, o di
Previti con la sua barca», spiega Sepe sul suo sito (www.danielesepe.com),
«ma soprattutto di quelli in gommone e di me in canoa... Forza Livorno!».

Federico Vacalebre - Il Mattino

Molto bello questo Nia maro che esce, come ormai consuetudine, per la collana del Manifesto. Si tratta di un efficacissimo e per nulla stucchevole
nè oleografico viaggio musicale che spazia dalla tammuriata stradaiola a Brassens, dalla musica egiziana ad un affascinante excursus nel jazz rock
dei 70, calorosamente analogico, che ricorda molto da vicino i Napoli Centrale di James Senese. Il suono risulta (cosa rara di questi tempi) "vero",mosso da un'urgenza espressiva reale.
Insomma, il disco dà l'idea di avere avuto una gestazione "necessaria", con un senso compiuto a legittimare la sua pubblicazione.
Oro colato, credetemi!


Per DiRadio: Luciano Marcolin


Daniele Sepe, un tuffo nel mare delle civiltà
Intervista col musicista napoletano per l'uscita del nuovo cd, «Nia Maro», presentato ieri a Napoli
Pezzi di autonomia proletaria Tra tammurriate e tradizionali arabi, un accidentato giro del Mediterraneo che mette insieme Brassens, Zivago, Davis dando libero sfogo a tutte le invenzioni del musicista flegreo


Tribuno torrentizio dal vivo e polistrumentista etnico-popolare su cd, Daniele Sepe ha appena pubblicato Nia Maro, per le edizioni del manifesto, quattordicesimo album in quattordici anni di carriera, dai tempi degli esordi coi Zezi. Che vorrà dire il titolo? Citazione dialettale? Greco? Romeno? «E' esperanto, significa mare nostro. Ne conosco qualche vocabolo perchè a quindici anni frequentavo il Centro di autonomia proletaria, la versione anarchica di autonomia operaia, a Montesanto. E lì tra un Max Stirner e un Peter Kropotkin c'erano manuali, appunto, di esperanto che reputo un originale tentativo di creare una lingua realmente democratica». Il coerente e variegato leit motiv apolide dei lavori anni `90 si imprime anche nelle corde di Nia Maro, un'ora di brani dai sapori forti e diversi. «Il concept dell'album è il concept di tutti gli album - osserva - Vite Perdite del `94 iniziava con un pezzo della Grecia del I secolo, si alternavano tonalità in stile Atahualpa Yupanqi ad una ninna nanna svedese. Tutti parlarono al tempo di una cosa geniale che chissà cosa cavolo volesse dire. In realtà non c'è stata mai nessuna frattura nel mio modo di lavorare: ho sempre faticato così, sorvolando le facili inquadrature di genere». Quindi guai a dire «disco eclettico»; e il cielo ci scampi dai paragoni con Zappa. Etichette che per Sepe sono cibi freddi. «Meglio una bella critica - aggiunge, sornione - che una non-critica, o un accostamento gratuito a divinità musicali, almeno ne esce qualcosa di costruttivo». Autopsia del disco: dieci brani la cui architettura esce fuori dai girotondi sonori di 18 musicisti, Sepe compreso, alle prese con un carnevale organizzato da 26 strumenti diversi, dalla darbuka alla cupa-cupa basa, dalla chitarra 12 corde alla fisarmonica. Ad esordire è Tammmurriata, nove minuti in cui gestire la tradizione e giocare a farle una casacca nuova. «E' un rimescolare musica antica da parte di chi ha ascoltato in abbondanza Miles Davis». E facendo fischiare le orecchie a Eugenio Bennato aggiunge «l'ho fatto anche per dimostrare che la tradizione non dev'essere ripresa necessariamente intatta».
Anche Lamma Bada è un must, però egiziano: «per tradurne il testo ho avviato una sorta indagine, durante la quale ho scoperto che si trattava di arabo antico. I quattro madrelingua interpellati me ne davano ognuno un'interpretazione diversa...Lamma Bada è una canzone emozionante anche se non si capiscono le parole. E' l'universalità della musica: pure un giapponese sentendo 'O Paese d'o Sole si emoziona!». E poi la voce del maghrebino Mrzuk Mejiri, straordinario cantante e musicista dilettante, «scoperto» da Sepe qualche anno fa quando faceva il bagnino a Bacoli.
In Les amourex des bancs publics il fiatista flegreo va a braccetto col suo vecchio amore George Brassens, il cantautore anarchico che conta una lunghissima catena di devoti. «De Andrè, Capossela, Cammariere ne sono sicuramente debitori. Ciononostante in Italia continua ad essere poco conosciuto, Nanni Svampa a parte». Poi, finestre che affacciano su Sicilia, Grecia, Tunisia. Il Mediterraneo è il contenitore, inteso di gran lunga più come bacino dalle disparate identità che come spazio geografico definito. «Il disco musicalmente mette insieme, senza retorica, intuizioni che vengono dal Mediterraneo, un'area dove non è vero che tutto ci unisce, anzi. Si dice `una faccia una razza', sì , ma a seconda del reddito». Le immagini del booklet vincono un'intervista a parte. Catturano particolari della festa delle lucerne di Somma Vesuviana in Campania, col suo vortice sconnesso di fiammelle e soprattuto restituiscono in scorci sanguinolenti la via crucis di Verbicaro in Calabria. L'impatto con il rito dei «battenti» calabresi è allucinante: uomini vestiti di rosso che, dopo la mezzanotte, con «u cardiddu» (pezzo di sughero in cui sono conficcati aghi di vetro) si percuotono le gambe a sangue per seguire il percorso della croce, secondo il costume delle confraternite medievali.
Contrariamente al solito, il musicista partenopeo non ha aggiunto alcuna didascalia alle foto «innanzitutto perchè si commentano da sole, e poi in quanto potrebbero essere state scattate a Falluja, a Nassirija o in un pellegrinaggio sciita. Le manifestazioni violente della fede evidentemente non riguardano solo una certa parte del mondo, come vorrebbero farci credere». Il tour? «Perchè a qualcuno risulta che con i miei sette musicisti programmo il tour? Quando ci chiamano, aizamm' n' cuoll', cioè ci carichiamo gli strumenti e andiamo a suonare».

SANDRO CHETTA -  Da "Il Manifesto" del 19/12/04

 

Nia Maro

1 - Tammurriata (D.Sepe)
2 - Le saltarelle:
La salterella (A.Cicogninni)
salterella a cannonate (D.Sepe)
Brancaleone alle crociate (C.Rustichelli)

3 - Lamma Bada (Selim Al-Masry)
4 - Sciuscià (D.Sepe)
5 - Les Amourex des bancs publics (G.Brassens)
6 - Mercy, Sonny (D. Sepe)
7 - Mi votu e mi rivotu (Trad. Siciliano - el. Balestrieri-Profazio)
8 - To kokkino foustani (Stavros Koyoumdjis)
9 - La guerra dei mondi (D. Sepe)
10 -Ile Jamalikoum (M.Mejiri-D.Sepe)

Auli Kokko
voce, nacchere, tamburello
Massimo Ferrante
voce, chitarra 12 corde, chitarra catanese
Marzuk Mejiri
voce, nej, darbuka, tar, daf
Marco Zurzolo
sax alto
Franco Giacoia
chitarra acustica, chitarra elettrica
Antonio Onorato
chitarra elettrica
Gino Evangelisti
oud, chitarra portoghese
Francesco Migliaccio
fisarmonica
Piero De Asmundis
pianoforte, rhodes, tastiere, fisarmonica
Lello Petrarca
rhodes
Francesco D' Errico
tastiere
Sergio Di Leo
basso elettrico
Aldo Vigorito
contrabbasso
Rino Locantore
cupa-cupa bassa, bottiglia
Tommaso Di Marzio
cupa-cupa soprano, tamburello
Lello Di Fenza
batteria, grancassa, piatti
Salvatore Tranchini
batteria
Daniele Sepe
Sassofoni tenore e soprano, fricalettu calabrese, clarinetto turco, celesta, programmazioni
Tutti hanno partecipato ai cori con l’ aggiunta di Luciano Russo, esimio direttore di “Contrabbanda”

E che vol dì Nia Maro?

Vol dì Mare Nostro, nella bella lingua dell' esperanto...Mare Nostro vol dì che non è solo di D' Alema e la su' barca, o di Previti e la su' barca, ma soprattuttio di quelli in gommone e di me in canoa...Forza Livorno!